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31/3/2015: stop Opg

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31 marzo 2015. Finalmente dovrebbe essere arrivata la data in cui gli Opg, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, chiuderanno definitivamente. Uso il condizionale perché, in questa battaglia di civiltà ormai pluriennale, ci siamo abituati a rinvii e proroghe e siamo quindi ben consci della necessità di vigilare fino all’ultimo istante per raggiungere davvero questo primo obiettivo. Perché, qualora a fine mese si arrivasse davvero a chiudere questi luoghi “indegni di un Paese civile”, come li definì l’allora presidente Napolitano, avremmo tagliato sicuramente un traguardo importante, fondamentale e irrimandabile, ma non avremmo certo finito la nostra corsa. Piuttosto, saremmo di fronte a un nuovo inizio.

Lo abbiamo ribadito più volte nel corso del convegno organizzato in Regione dal comitato lombardo StopOPG. I punti affrontati sono stati innumerevoli, perché tante e complesse sono le questioni legate alle persone con problemi di salute mentale che devono scontare una pena, ma al tempo stesso hanno diritto a essere curate.

La questione degli Opg riguarda in Italia poche centinaia di persone: gli “internati” lo scorso novembre erano 761 mentre sono solamente poche decine le persone per le quali è stata dichiarata la “pericolosità sociale”. Nonostante le dimensioni del fenomeno, preoccupazioni e timori vanno affrontati seriamente, senza però prestare il fianco a facili e interessati allarmismi. Al tempo stesso, va compreso che affrontare la questione Opg significa ripensare alla promozione della salute, e della salute mentale in particolare, di tutti noi cittadini, a partire da quelli più fragili. In quest’ottica, dobbiamo essere pronti a tradurre una vittoria culturale tanto attesa come la chiusura degli Opg in una reale opportunità di cambiamento.  

E questo è ancora più vero - e urgente - in Lombardia dove, tra l’altro, è acceso il dibattito per riformare il sistema sanitario e dove, molto più che in altrove, è profonda la separazione tra sociale e sanitario. La Regione, infatti, ha scelto di riconvertire l’Opg di Castiglione delle Stiviere in una serie di più piccole Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems) che dovrebbero accogliere tutti gli “internati” lombardi, concentrandoli in un unico luogo. 

Come ribadito da più parti, è una scelta che presenta forti criticità e che, soprattutto, non consente un cambio culturale necessario. Posizionare tutte le Rems provvisorie a Castiglione delle Stiviere, infatti, è una decisione che segue una linea di intervento contenitiva, ancora legata a una logica manicomiale che allontana la cura dal territorio, che non ricerca l’innovazione, che insiste solo sulla sicurezza, che non mira al risparmio economico e sociale. La legge 81/2014, invece, invita a intraprendere un’altra strada, mettendo al centro le persone che hanno problemi di salute mentale, proponendo loro progetti terapeutici individuali e limitando il ricorso alle Rems solo a casi eccezionali.

Per questo, sin d’ora, ma soprattutto dopo il 31 marzo, ci sarà da battersi per chiedere che i fondi destinati a delle Rems di dimensioni eccessive, come quelle di Castiglione delle Stiviere, vengano investiti sul territorio, per sperimentare nuove vie, per moltiplicare le eccellenze esistenti, per iniziare percorsi formativi per gli operatori del settore e per effettuare verifiche rigide e valutazioni stringenti. Solo così potremo coniugare cura e sicurezza, risparmio e qualità. Solo così potremo affrontare anche la sfida della salute mentale nelle carceri, dove sono purtroppo rinchiuse tante persone che soffrono di problemi psichici e non sempre ricevono un’assistenza adeguata. Si tratta di un'urgenza cui, in attesa del 31 marzo, bisogna iniziare a dare risposte subito. 


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